Questo luogo deve il suo nome al fatto che i primi speleologi e archeologi dovettero rimuovere con pazienza i vari strati di sabbia, che nell’arco dei millenni si erano depositati nella grotta, prima di potersi addentrare e scoprire le tracce di antiche civiltà sepolte tra una superficie e l’altra. La particolarità e la specificità di alcuni di questi reperti hanno portato al riconoscimento de la cultura di Civate come una facies originale dell’età del Rame (2600-2500 a.c.). Oltre agli oggetti sono state trovate ossa di animali “domestici” come il cane o il cavallo ma anche di animali selvatici sia montani, come il gallo cedrone e il cervo, sia lacustri. Soprattutto, nella terza camera sono stati trovati resti umani seppelliti in modo rituale con corredi e utensili, o depositati ordinatamente nella cesta litica per far spazio a nuove inumazioni. Più “recentemente”, il Buco della Sabbia fu utilizzato come riparo dai soldati romani che controllavano il vicino Dosso della Guardia, come testimoniato dal ritrovamento di oggetti di epoca romana (in particolare una moneta del III secolo d.c.).
Buona parte di questi reperti è oggi esposta al Museo Archeologico del Palazzo Belgiojoso di Lecco
Escursione sconsigliata a chi ha paura dei pipistrelli o soffre di claustrofobia.